Il vento soffia ancora

Sul tavolo della cucina di Enea c’è Billy Budd, l’ultimo romanzo di Melville. Alle pareti le foto di Bettina, un cutter del 1953  sul quale, appena può, naviga in compagnia di amici, due al massimo perché la barca è piccola, 7,70 metri.billy-budd

Barca piccola, lunga rotta è un po’ la filosofia del marinaio e disegnatore di lungo corso Enea Riboldi che da decenni racconta avventure e disavventure della vita in barca per il mensile Bolina (a proposito: da quest’anno il giornale cartaceo non esce più. Solo versione on line).

Enea è in carrozzina da trent’anni. Colpa di un tuffo sbagliato proprio nel giorno in cui con amici in piscina festeggiava la fine dei lavori di restauro e la partenza per la crociera di prova. «Ho sentito il colpo e sono tornato in superficie a faccia in giù. Ho avuto un pensiero: speriamo  non credano che sto scherzando, se no muoio affogato». Gli amici hanno capito, corsa in ospedale e diagnosi: lesione del midollo spinale tra la quinta e la sesta vertebra. Paralisi totale. Niente più paracadutismo, niente più roccia, niente più vela, niente più immersioni, niente più disegno, niente di niente. Per fortuna la lesione è parziale e un poco alla volta Enea recupera mobilità, prima un dito, poi le braccia, poi, con il tempo, anche la possibilità di lasciare la carrozzina per camminare con i bastoni. «Poca roba, faccio poche decine di metri. Sono uno che va a 20 all’ora in un mondo che va a 200.», dice. E sorride con l’aria di chi ha metabolizzato i riti e i luoghi comuni sulla disabilità e gli approcci, qualche volta maldestri, dei normoattivi. «All’inizio le persone ti aiutano volentieri, si sentono indispensabili. Poi si rendono conto che con me bisogna rallentare, e molto. A quel punto, piano piano riprendono ad andare alla loro naturale velocità e allora impari ad arrangiarti il più possibile da solo e accetti come un regalo della vita quegli incontri che per un periodo, anche breve, decidono di adeguare la loro velocità alla tua.» Sorride ancora.

Ma torniamo al post incidente. Durante la degenza in ospedale è stato il primario di reparto, anche lui velista, a riportarlo in barca. Di nascosto. Vere e proprie fughe dal Centro spinale per raggiungere una vecchia STAR sul lago Maggiore. Dalla sua Enea aveva, e ha, una solida formazione velica. «Ho cominciato a Caprera, quando avevo vent’anni.  Un amico mi ha proposto di provare e siamo andati. Il primo incontro con la barca mi ha fulminato. Da quel momento ho colto al volo ogni occasione per tornare in mare. C’era un trasferimento da fare? Andavo. L’anno dopo mi hanno proposto di fare il corso istruttori ma ho preferito farlo ai Glénans che in quegli anni avevano aperto una base sull’isola di S.Clemente a Venezia. Un ex manicomio con ancora un reparto attivo. Spesso portavamo i pazienti a veleggiare in laguna, un periodo fantastico e un modo di andar per mare in cui mi sono subito riconosciuto. Portare una barca a vela non è una questione di testosterone ma piuttosto di conoscenza. Il mare fa il mare, non è né buono né cattivo, a volte può diventare molto impegnativo e metterti seriamente alla prova ma perlopiù è un luogo che ti accoglie e se impari ad ascoltarlo ti ricongiunge con la natura.

amsterdam-lisbona-tav-1Tornare in barca dopo l’incidente, per Enea ha voluto dire riappropriarsi di uno spazio di libertà. Una casa galleggiante con la quale muoversi nella natura. «Per chi va in carrozzina ci vorrebbe un mondo piatto, senza gradini, con porte automatiche, ascensori, spazi attrezzati, come è nel centro spinale, lì durante la lunga degenza, grazie al personale ti sembra tutto facile e possibile… la realtà fuori è molto più dura, complicata e limitante. La barca, invece, se ho qualcuno che mi dà una mano per le manovre, limitatamente al tempo a disposizione ti porta dove vuoi, è una casa attrezzata, è un rifugio, è una finestra da cui tutti i giorni vedi un paesaggio nuovo.»

Lui, il comandante, si mette a bordo mozzi inesperti a cui insegna che cosa fare. Uno scambio in cui tutti guadagnano: lui ha un equipaggio, gli altri un corso di vela. Win Win, vincono tutti. «Adesso che sono un po’ più vecchio mi devono dare una mano a tirar su la gamba per superare la battagliola. Una volta a bordo sono a posto.»

Le sue avventure di mare sono diventate un fumetto. Il titolo è tutto un programma: Il vento soffia ancora. Dentro ci sarà anche il racconto delle sue navigazioni, come quella da Amsterdam a Lisbona, per aiutare un amico a trasferire un 8 metri che aveva comprato in Olanda. «Al largo di Capo Finisterre siamo stati 36 ore alla cappa aspettando che passasse la burrasca. Il mare ti insegna a saper pazientare, anche perché non puoi dire sono stufo , scendo.»

Ci troviamo a pensare che tanta pazienza, prima che in mare, sia nata al tavolo da disegno. Basta guardare le sue tavole per i fumetti della Sergio Bonelli editore (Enea, tra le varie cose, è il copertinista ufficiale di Dampyr) o quelle della graphic novel  Cap Horn pubblicato in Francia da Les Humanoïdes Associés, (18 mila copie vendute). Ogni disegno è un labirinto di piccoli dettagli e quando si tratta di velieri l’occhio esperto nota l’acqua che scorre dagli ombrinali, la regolazione delle vele, la posizione dei pennoni. «Adoro i pennoni! Quando ero piccolo e leggevo romanzi di mare al momento in cui il comandante ordinava: «Bracciate i pennoni!» mi colpiva una scarica di adrenalina!». Ecco spiegato il mistero di quelle tavole: un disegnatore che non avesse passato anni a leggere di mare e a navigare potrebbe rendere in quel modo barche e marinai? I grandi scrittori di mare sono stati tutti anche dei navigatori, la regola a quanto pare vale anche per i disegnatori.

«Quanto ci metto a fare una tavola di fumetti? Tre o quattro giorni. Il linguaggio del fumetto è molto particolare, racconti disegnando la storia dentro dei quadrati che sono le vignette, separate tra loro da uno spazio vuoto. Vedi, quello spazio vuoto lo riempie il lettore, è qui la magia, far immaginare al lettore quello che manca.». Ci troviamo a guardare i primi due disegni di Il vento soffia ancora. Un uomo si tuffa in una piccola piscina tutto contento, nel disegno successivo l’uomo che galleggia sull’acqua. Quello spazio vuoto adesso possiamo riempirlo con una storia. Quella di Enea, velista, disegnatore, testimone e osservatore attento dei vizi e delle virtù dei marinai. Un curioso del mare e della sua gente.  «Raccontami un po’ che cosa fate voi dell’Unione Vela Solidale…», chiede a un certo punto. E la storia continua.

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