hwyi5576Il progetto ISI-Facile Così! – durata triennale, finanziato dalla Fondazione Con i Bambini e promosso da AIPD Associazione Italiana Persone Down di Pisa con una rete estesa di partner – è molto articolato e prevede azioni di diverso tipo, a terra e in mare; tutte declinano l’idea che sia possibile includere solo mettendosi nei panni dell’altro, capendone i bisogni e quindi dotandosi di strumenti adatti a sviluppare tutte le sue potenzialità come persona. ISI è l’acronimo di Inclusione, Sport, Istruzione, che sono i tre pilastri di questo progetto.

All’interno di questo progetto, in collaborazione con La Nave di Carta aps, c’è anche il modulo Navigazione Integrata: ogni anno, dal 2021 al 2023,  otto adolescenti (età dai 16 ai 18) con e senza sindrome di Down (sD) navigano insieme per una settimana a bordo della goletta Oloferne, ammiraglia della Nave di Carta, con un programma didattico e sportivo che comprende, tra l’altro, storia del mare, biologia marina, scuola di vela, trekking. L’obiettivo del progetto è duplice: costruire percorsi di autonomia per ragazzi con sD e una rete di relazioni continuative tra coetanei. In buona sostanza: formare un equipaggio.

LA PRIMA NAVIGAZIONE

Il primo anno, 2021, causa Covid ci sono stati non pochi problemi di reclutamento dell’equipaggio. Famiglie impaurite, scuole sotto stress, difficoltà a organizzare incontri a terra. Alla fine il gruppo si è composto: tre ragazze e un ragazzo dell’Istituto Nautico di Carrara, una ragazza del Liceo Artistico di Cascina, una ragazza dell’alberghiero di Montecatini, un ragazzo dell’ITTS di Pistoia, un ragazzo del liceo Carducci di Pisa, indirizzo Scienze Umane.

Primo incontro direttamente in barca, per l’imbarco. Partenza col botto: uno dei ragazzi con sD non riusciva ad affrontare la passerella e ci sono volute sei ore, in cui si è dato fondo a tutte le possibili soluzioni, prima capire che il problema era…la passerella. È bastato mettersi all’inglese per riuscire a imbarcarlo, con gran sollievo degli altri che avevano pazientemente aspettato che la situazione si sbloccasse.

TANTE DOMANDE E POCHE RISPOSTE

Il viaggio è cominciato così, con una domanda sotto traccia: come conciliare i tempi diversi dei singoli con le esigenze del gruppo? I ragazzi e ragazze con sD avevano, e hanno, diversi livelli di autonomia, alcuni verbalizzano altri no, alcuni riescono a stare nei ritmi di bordo, altri meno. Per contro, i ragazzi normoattivi erano al loro primo contatto ravvicinato con la sindrome di Down e, istintivamente, si sono messi in modalità «assistenziale», facendo così emergere la seconda domanda che avrebbe accompagnato tutta la prima e poi la seconda navigazione: come costruire relazioni non assistenziali, ma un percorso condiviso a cui tutti partecipano portando un contributo?img_6625

La terza domanda, più complicata, è stata quale ruolo dovevano avere gli educatori e gli istruttori? Quanto, quando e come intervenire? Se si fosse trattato di un gruppo di soli ragazzi con sD o soli ragazzi normoattivi la risposta la conoscevamo, ma qui si trattava di non interferire nella costruzione di relazioni spontanee tra un gruppo di adolescenti con caratteristiche ed esigenze molto diverse. La scelta è stata di mettersi ai margini, di osservare senza interferire nelle dinamiche che giorno dopo giorno si formavano nel gruppo.

In barca la convivenza ravvicinata, il dover lavorare insieme, il vivere sempre gomito a gomito accelera e amplifica tutte le relazioni e le reazioni, e così è stato. Dopo i primi quattro giorni di navigazione Fabiano (quello che non voleva salire) era padrone della barca, l’unico che non soffriva il mal di mare e che, mentre gli altri boccheggiavano sul ponte, mangiava focaccia e gestiva la play list; le ragazze, tutte, si scambiavano consigli sul ciclo e sul modo di tenere in ordine le cose («Angelica il tuo sembra l’armadio di Narnia. Ogni volta che lo apri esce di tutto!»). Tutti insieme a prua a chiacchierare (di che, non lo sappiamo), a turno a mugugnare perché «tocca ancora a me fare da mangiare». Dopo quattro giorni avevamo a bordo un equipaggio di adolescenti, niente di più e niente di meno. Si annusava però nell’aria che la scelta di rallentare i ritmi delle attività per consentire a tutti di partecipare generava qualche frizione nel gruppo. Per rispettare i tempi dei ragazzi con sD rischiavamo di perderci gli altri.

palamaria

Il trekking all’isola della Palmaria ha portato a galla il problema. Il gruppo delle ragazze con due accompagnatrici è partito per attraversare l’isola e raggiungere gli altri a bordo della barca ancorata sul lato est. Dopo pochi metri si è capito che il percorso che si può fare in mezz’ora sarebbe durato molto di più. Le ragazze con sD faticavano, le altre pure, seppure per un motivo diverso: dover aspettare le compagne, dover ancora una volta rallentare era stressante. C’era frustrazione nell’aria. Ognuna, a modo, suo era arrabbiata perché doveva rinunciare a qualcosa per le ragazze con sD, così hanno preso la rincorsa e sono andate avanti. Le accompagnatrici (una educatrice e una volontaria di Nave di Carta) hanno deciso non fare niente e di aspettare di tornare in barca per affrontare il problema. Poi, il colpo di scena. Una dopo l’altra le ragazze senza sD sono tornate indietro e si sono messe al fianco delle compagne per aiutarle a salire.

«Ho pensato alla mia fatica e alla mia impazienza, poi ho pensato alla fatica di Angelica e Benedetta. E credo che loro fatichino di più», è stata la frase di Arianna, aspirante ufficiale di coperta, mentre prendeva sottobraccio la compagna. Il gruppo è arrivato insieme alla meta. Stanco sfinito, ma insieme. Gli ultimi due giorni sono stati un crescendo di emozioni e di presa di consapevolezza.

«Le persone con la sindrome sono diverse l’una dall’altra, quindi sono uguali agli altri.» ha detto al momento della restituzione Micol dimostrando così di aver raggiunto uno degli obiettivi del progetto: comprendere siamo tutti unici e diversi. Il finale è stato tra lacrime e abbracci e promesse di rivedersi a terra. Cosa che è avvenuta.

LA DIDATTICA FACILITATA.

Agli istruttori e agli educatori il compito di fare un primo bilancio: bene l’aspetto relazionale, i ragazzi senza sD sono andati oltre i loro pregiudizi e i luoghi comuni sulla sindrome, bene il lavoro sull’autonomia per i ragazzi con sD; bene l’aspetto sportivo per tutti, ma sull’istruzione la valutazione è stata «potevamo fare meglio». Buona l’idea del diario di bordo collettivo da fare con immagini di giornata per consentire a chi faticava a scrivere di partecipare, ma si doveva mettere in programma una missione specifica, oltre alle normali attività, un obiettivo concreto che tutti avrebbero potuto perseguire insieme, con nuovi strumenti didattici.  Una didattica facilitata è la cosa più difficile da pensare, bisognava cercare strumenti didattici pensati per le esigenze dei singoli ma utilizzabili da tutti. Una sfida.

LA SECONDA NAVIGAZIONE

Il secondo anno c’è stato un cambiamento nel gruppo. I carrarini non potevano partecipare per impegni scolastici, inoltre c’era l’esigenza di radicare l’equipaggio su Pisa in modo di facilitare gli incontri pre e post navigazione. Insieme agli insegnanti del Santoni di Pisa,  istituto professioDCIM120GOPROnale a indirizzo socio-sanitario, è stato selezionato un gruppo di due ragazze e due ragazzi; un cambiamento c’è stato anche nel gruppo delle ragazze dell’Aipd. Questo secondo anno, semi-archiviato il problema Covid, si è riusciti a fare la fase preparatoria: una giornata insieme a bordo, un aperitivo a Pisa e un incontro con le famiglie. Il giorno dell’imbarco il primo a salire è stato Fabiano, le ragazze con sD che avevano già esperienza hanno fatto da guida ai nuovi sull’uso del bagno, la disposizione della cambusa e le regole in barca. Anche l’equipaggio degli educatori e istruttori era pronto con supporti visivi per tutto, tabellone comandate con le fotografie adesive dei membri dell’equipaggio, una missione chiara (monitoraggio delle specie marine del Golfo della Spezia) per la quale c’erano strumenti didattici idonei: Go-pro subacquea e stampanti per le immagini (le foto prese dai ragazzi), testi prestampati da ritagliare e appicciare sul tabellone comune (ciascuno aveva una striscia e solo lavorando insieme si ricostruiva la scheda); retino per il plancton e microscopio, maschere facciali per lo snorkeling.  La missione era per tutti una novità, tutti partivano dallo stesso livello di conoscenza. Per il resto sono state confermate le attività veliche e di vita di bordo (manovre, meteorologia, comandate cucina e pulizie, ginnastica mattutina).

I risultati sono stati ottimi.  L’aspetto relazionale è uscito rafforzato dal dover lavorare su una missione comune, la scansione dei tempi di lavoro è stata gestita meglio e questo ha evitato tensioni. Ora il gruppo si incontra regolarmente a terra, aperitivi e arrampicate sportive in palestra e si prepara alla terza navigazione. Prossimo appuntamento in mare: maggio 2023.